Soffrire di depressione non è essere tristi

La depressione non ha un solo volto e, di certo, non coincide con la tristezza.
Inizio l’articolo con questa premessa per smentire chiunque creda che soffrire di depressione significhi essere semplicemente di cattivo umore. Chiunque dia a questo disturbo mentale una caratteristica di transitorietà fino a sottovalutarne la gravità o, peggio, a sminuire il disagio psicologico di chi ne è affetto.

Soffrire di depressione richiede coraggio, pazienza e tanta forza d’animo.

L’ho scoperto – e continuo a scoprirlo di episodio in episodio – a mie spese, tutte le volte che il mondo diventa improvvisamente cupo e una strana aura di pesantezza cala sulla mia vita, abbattendomi senza che io riesca a individuare una causa.

Se dovessi descriverti cosa significa vivere con la depressione, ti direi che è come essere rannicchiati sotto una di quelle vecchie coperte infeltrite che si trovano a casa delle nonne: sono spesse e ti tengono al caldo e, se ti ci nascondi sotto per sfuggire ai mostri, hai l’impressione di non correre alcun pericolo.

Nessuno può raggiungerti finché rimani lì sotto.

Solo che, quando soffri di depressione, arrivi al punto da accorgerti che sono passati mesi dall’ultima volta che hai tirato fuori il naso per un po’ di aria fresca. In certi casi, realizzi addirittura di non averci neppure provato. E il mondo ti sembra distante, complicato e troppo confuso per te. Nonostante il fascino delle sue luci, non hai abbastanza energie per affrontarlo.

Ti ritrovi da solo, nel buio, e poco a poco ti lasci andare.

La scoperta della (mia) diagnosi

Ho scoperto di soffrire di depressione nel modo più brutale che si possa pensare, o almeno è così che l’ho vissuta io. Insieme alla mia psicoterapeuta, avevo deciso che fosse giunto il momento di ricorrere a un aiuto farmacologico, dunque era stato fissato un appuntamento con la mia attuale psichiatra.

Ci credo che fa fatica a fare le cose, con l’ansia e la depressione di cui soffre.

La diagnosi è arrivata così, come una doccia fredda, dalle labbra di una sconosciuta con gli occhiali. E, no, non me l’aspettavo. Sembrerà strano, ma chiunque soffra di un disturbo mentale vive buona parte del suo tempo nella convinzione di non avere un disturbo. Nel mio caso, visto che la diagnosi principale immaginavo fosse un’altra (e, in effetti, così è), non ero preparata a un esito più complesso.

E, lì per lì, la parola “depressione” mi è sembrata così grande che mi sono sentita gelare.

Ripensandoci a posteriori, era tutto chiaro come il sole. Una parte dei sintomi che accusavo (e accuso) muove in quella specifica direzione senza lasciare spazio a dubbi. Un anno fa, però, non sapevo le cose che so adesso e non avevo neppure maturato la mole di esperienza che ho raggiunto negli ultimi dodici mesi.

Adesso, riconosco i segni della depressione. Non alla prima manifestazione e neppure troppo alla svelta in generale, ma riesco a dare un nome a una condizione altrimenti inspiegabile.

La domanda che, a questo punto, viene da porsi è: chi sa effettivamente cos’è la depressione?

Depressione: cos’è e quali sono le cause

Il DSM-5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, edizione IV) affronta il tema dei disturbi depressivi, dandone il seguente inquadramento:

I disturbi depressivi sono caratterizzati da tristezza tanto grave o persistente da interferire con il funzionamento della persona e, frequentemente, da una diminuzione d’interesse o di piacere nelle attività. 

Manuali MSD

Specifica, inoltre, che non esiste un’unica causa scatenante, ma che più elementi possono contribuire all’insorgenza della malattia: fattori ereditari e fattori ambientali. Questo non implica che, come pure molti hanno suggerito, esista un “gene della depressione”, né che vivere a contatto con persone affette da depressione possa ingenerare una sorta di contagio. Significa più semplicemente che:

Si tratta di elementi che non si escludono a vicenda ma che, anzi, sovente coesistono.

Riporto l’esempio che venne proposto durante un seminario cui ho partecipato da un docente e neuropsichiatra: una persona, il cui padre ha sofferto di depressione, non svilupperà necessariamente a sua volta una sindrome depressiva. Lo stesso soggetto, se posto in un ambiente di incuria, violenza e degrado, però, ha più alte probabilità di andare incontro a una diagnosi confermativa del disturbo.

Ciò a significare che la genetica è soltanto uno dei pezzetti che compongono un puzzle assai più vasto.

I sintomi della depressione

L’errore più grande cui abbia assistito, quando si tratta di disturbi depressivi, è quello di identificarne i sintomi con una generica tristezza. Lo capisco, sia chiaro. In un certo qual modo, si tratta di una patologia che ha a che vedere con le emozioni a spettro negativo, ma fare una sovrapposizione è un errore.

Stiamo, infatti, parlando di una condizione complessa, che finisce per diventare destabilizzante e annichilente per la persona. Accanto allo stato di prostrazione emotiva, si aggiungono altri sintomi, quali:

Va da sé che la presenza di uno soltanto di questi sintomi o di alcuni non è in quanto tale idonea a stabilire se una persona soffra o meno di un disturbo depressivo. È necessaria un’indagine più approfondita e specialistica.

La diagnosi va lasciata a un esperto

Per affascinante e ricco di possibilità che sia il mondo digitale, navigarci non ci rende automaticamente esperti in qualsiasi settore dello scibile umano. Ecco perché è importante rifuggire la tentazione dell’auto-diagnosi e affidarsi a un professionista della salute mentale, che abbia gli strumenti per trarre le giuste conclusioni.

Ma a chi rivolgersi, se si ha il sospetto di soffrire di depressione?

Psicologo, psicoterapeuta e psichiatra sono 3 figure molto diverse tra loro e ciascuna svolge un ruolo nell’area di propria competenza. In particolare:

La scelta sul professionista spetta al paziente e varia in base al singolo caso. Ciò che rileva è che un disturbo depressivo – e, più in generale, un disturbo mentale – non guarisce da sé. La presenza di un esperto è fondamentale per il trattamento della persona.

Vivere con la depressione

Soffrire di depressione non è un biglietto di sola andata per l’infelicità, né implica non potersi aspettare una vita piena ed entusiasmante. Lo scrivo qui per ricordarlo a me stessa, anche se ho bene in mente cosa significhi essere immersa fino al collo nei sintomi del disturbo. Per due anni, sono stata incapace di sorridere e mi sentivo calma soltanto quando tornavo a casa. Per questo, uscire mi risultava difficile e finanche sgradevole.

Ricordo anche il giorno in cui mi sono accorta che i farmaci avevano cominciato a fare effetto: per la prima volta dopo tanto tempo, avevo risposto in modo scherzoso a mia cugina e avevo riso. Compiere un’attività così semplice e naturale mi ha sorpresa al punto che mi sono fermata sul posto e le ho detto timidamente – come se temessi di veder fuggire via quel frammento di me stessa appena ritrovato – “Mi sa che la cura sta funzionando”. E lei ha annuito.

Non sono guarita, bada bene. I farmaci non sono la magica soluzione a ogni problema e devono essere sempre accompagnati da un percorso di psicoterapia, così da aiutare la persona a gestire la propria condizione e a capirla.

Aiutano, però, e tanto.

Io, di solito, li definisco come una stampella. Immagina di romperti la caviglia o il ginocchio. È chiaro che nessuno si aspetterebbe da te che camminassi nonostante la frattura. La terapia farmacologica fa esattamente ciò che farebbe la stampella: offrirti un supporto fintantoché non avrai recuperato l’autonomia e, perché no, perfino ritrovato la felicità. Del resto…

La felicità la si può trovare anche negli attimi più tenebrosi, se solo uno si ricorda di accendere la luce.

Albus Silente
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Soffrire di depressione non è essere tristi
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In questo articolo, vengono sconfessati i luoghi comuni sulle persone che soffrono di depressione e si getta un occhio su cosa davvero comporti avere questo disturbo.
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